Comunque per me quella sera era di vitale importanza che superassi la prova con successo pena il mio ritorno a casa. Giunto in postazione, feci un bel respiro profondo e  accesi il registratore con la cassetta che avevo montato con i pezzi del grande Villa e del Venturini. Mi inventai un playback di “Granada” e facevo tutte le facce strane che avevo provato davanti allo specchio. Scorgevo qualche passante che si fermava e che sorrideva un po’. Nel giro di qualche minuto c’era davanti a me una 15na di persone.
Ecco il ritornello della canzone e al massimo della potenza della voce del caro Claudio Villa scatta la chiusura lampo del mio pantalone (la modifica che mi ero inventato) che casca giù all’improvviso lasciando a bocca aperta gli spettatori che avevano davanti a sé un bel paio di gambe pelose vestite di calze a rete rosse e giarrettiera da fare invidia anche alle ballerine del crazy  Horse.

La gente rideva. La gente rideva eccome! Li vedevo ridere e mi veniva da ridere per la felicità di essere riuscito a farli ridere. Che ridere! Con la prima pausa mi nascosi in un vicoletto per controllare i soldi incassati. WOW, non ci potevo credere! Nel mio cappello c’erano 26 mila lire! Ed eravamo solo a inizio serata! Come erano belle tutte quelle mille lire! Decisi che dovevo fare di più col secondo intervento. Toccava a Bruno Venturini e la canzone era “Torna”. Mi misi in posizione e mi assicurai che lo scherzetto della lampo funzionasse a dovere. Accesi il mio radione e cominciò così ad avvicinarsi a me un bel po’ di gente. Dovevo farcela anche stavolta. Anzi di più. Per farmi coraggio nella mia testa decisi di pensare che ero assolutamente costretto a fare soldi altrimenti sarei morto di fame. Mi convinsi di essere un barbone ed esistevo solo io sulla faccia della terra. Cancellai nella mia mente tutto. Proprio tutto. Famiglia, amici, casa, macchina, tutto. Esistevo solo io e la mia bici sgangheriata.

Si stava avvicinando il ritornello della canzone “Torna…torna!...tornaaaaaa!......” puntai un signore e mi avvicinai a lui (con molto sospetto da parte della moglie) ogni volta che c’era la parola torna! Stavo quasi per saltargli in braccio con tutte le mie facce buffe e…zacchete!...il pantalone giù con le calze e giarrettiera in buona vista! Ancora un successo! La gente scoppiava dal ridere. Si “scompisciava” anche la mia vittima. Ero stato ancora più bravo e soprattutto più sciolto. Col pantalone ancora giù mi abbracciavo tutti quelli che passavano e divertiti riempivano sempre più il mio cappello. Mi sentivo molto bene e la gente stava bene con me. La mia faccia era pulita. Ero semplicemente un bambino che stava giocando. E loro erano i miei amichetti occasionali che non avrei rivisto mai più in vita mia. Cominciavo a darmi le risposte alle domande che mi facevo davanti allo specchio. Gli altri spettacoli andarono sempre meglio e il mio cappello era sempre più pieno. Quella sera portai a casa la bellezza di 238.000 lire…tutte a mille lire! Mi ero praticamente pagato il vestito da Pierrot. I giorni seguenti andarono tutti bene anche quando avevo vicino un po’ di “concorrenza”. Poi una bella sera capitò una cosa molto bella.

A San Giuliano mare era da poco arrivato il circo di Nando Orfei e solitamente dopo gli spettacoli lo staff si riversava fuori in strada a chiacchierare un po’. Quella sera mi fece cenno di fermarmi proprio Paride Orfei, il figlio di Nando. Lo incuriosì molto vedere il Pierrot in bici che si recava chissà dove. Mi spiegò che avevano bisogno di artisti soprattutto perché stavano sperimentando un circo senza troppi animali forse per protesta e mi invitò a fare un provino l’indomani sotto il tendone. Inutile descrivere la mia emozione: Paride Orfei, il figlio del grande Nando Orfei mi vuole nel suo circo? Mi sembrava di sognare. Al provino mi presentai un’ora di anticipo. Dissi che avevo capito male invece lo feci apposta perché non ce la facevo più ad aspettare. Ebbi il permesso di girovagare un po’ dato che era presto e mi divertii moltissimo a vedere i giocolieri che si allenavano, i contorsionisti che facevano cosa dell’altro mondo e i clown che facevano i p..all.on..cin..ini….NON CI POSSO CREDERE! Rimasi subito a bocca aperta e quasi mi dimenticavo anche del provino. Fu amore a prima vista.

Era il primo palloncino che vedevo in vita mia: quel barboncino venuto fuori dal nulla non lo dimenticherò mai. Son passati tanti anni e quando lavoro quel barboncino c’è sempre. Mi porta bene.Feci immediatamente i miei complimenti a quel clown che adesso lavora al circo americano perché ha sposato la figlia del proprietario e mi presentai a lui come un…ehm…collega. Lui si chiamava Gianni Bisbini e insieme al fratello Rudy componevano un duo perfetto. Sapevano fare i giocolieri, suonavano tromba e sassofono, si cucivano i vestiti da soli (avevano un guardaroba da fare invidia anche a Valeria Marini) e facevano dei palloncini fantastici. Da sottolineare che i palloncini che vediamo in tutte le feste oggi, prima non si vedevano affatto. Poi mi chiese il mio nome e io gli risposi col mio nome proprio e lui insistendo mi chiese il mio nome d’arte e io…scena muta: NON AVEVO ANCORA UN NOME D’ARTE? AHIAIAI! Immediatamente guardai l’orologio e gli chiesi scusa ma avevo stò provino con la famiglia Orfei. Mi augurò un “in bocca al lupo”e con una camminata veloce andai via.

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